TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE – ROMA

Promozione del cambiamento e apparenti ricadute. Integrare il lavoro top-down e bottom-up in Terapia Metacognitiva Interpersonale

Promozione del cambiamento e apparenti ricadute. Integrare il lavoro top-down e bottom-up in Terapia Metacognitiva Interpersonale

Promozione del cambiamento e apparenti ricadute. Integrare il lavoro top-down e bottom-up in Terapia Metacognitiva Interpersonale

Ogni psicoterapia con pazienti con Disturbi di Personalitànon segue un andamento lineare e una volta arrivati ad alcuni obiettivi di realizzazione personale, di contatto relazionale e di solidità nell’immagine positiva di sé, il raggiungimento degli obiettivi successivi non è affatto scontato.

Giulia ha 40 anni, finalmente ha un lavoro, non ancora uno di quelli in cui utilizzare le sue qualità di biologa, ma discretamente remunerato e in ogni caso un buon trampolino di lancio per cercare il lavoro a cui realmente aspira. Nella sua storia ci sono un padre assente, che nei pochi momenti di presenza le ha ricordato con disprezzo e freddezza quanto poco valesse e quanto lei e sua madre non potessero neanche pensare di ambire a una vita di soddisfazione e successo; ed una madre casalinga, mai realizzata, che non si è mai ribellata e che vive da eterna adolescente. Il senso d’incapacità, inettitudine e impotenza rendevano impensabile l’idea di trovare un lavoro e inarrivabile la sua conquista. Ha lavorato sull’immagine di sé inetta e indegna e oggi non solo ha un lavoro, ha instaurato un ottimo rapporto con la figlia del suo compagno, ha lasciato la casa dei genitori affrontando il senso di colpa per l’ira del padre e la solitudine della madre, sta comprando casa. Fino a due anni fa tutto questo era inimmaginabile. Eppure, anche se accede a sentimenti di contentezza e serenità, quando ci fermiamo ad individuare e descrivere le emozioni e le sensazioni positive alternative allo stato di sofferenza, riesce a malapena a coglierle e prevalgono il senso di colpa quando si paragona a coloro che soffrono, il senso di insoddisfazione per quello che manca ancora al proprio lavoro e sentimenti di solitudine e abbandono nella relazione con il compagno.

Antonio proviene da una storia di abbandoni precoci e ripetuti da parte della figura materna, sanati con comportamenti caotici e colpevolizzanti da parte di quest’ultima. Attualmente ha recuperato quello che lui stesso chiama “il mio proprio mio”, uno stato in cui è a contatto con i propri desideri e mette in atto azioni concrete per perseguirli, ha riscoperto la sua parte creativa, si sta realizzando nel lavoro. Eppure ogni volta che ci fermiamo ad osservare emozioni e sensazioni di contentezza per sé stesso, amorevolezza, sicurezza, orgoglio verso di sé, Antonio entra in uno stato profondamente angoscioso transitando in maniera repentina nel panico.

Sofia negli anni matura un’immagine di sé indegna, insicura, incapace nelle cose pratiche e nelle relazioni, oscillando ripetutamente tra relazioni con uomini presenti ma fragili e dipendenti e relazioni con uomini indisponibili, con i quali vive i momenti intensi che cerca ma che, a causa della distanza emotiva, alimentano l’immagine negativa di sé. Grazie alla terapia, anche Sofia ormai ha strutturato un’immagine di sé nuova incentrata sulla sicurezza, sul senso di amabilità, sul diritto ad esistere, e, nel quotidiano, il senso di indegnità precedente ormai è solo un ricordo. Ma quando conosce finalmente un uomo presente sul piano pratico e sul piano emotivo, solido e amorevole che le conferma l’immagine di sé positiva, le rappresentazioni negative riaffiorano e inizia un dramma in cui, nei modi più creativi e disparati, quasi distrugge la relazione attraverso gelosie, colpevolizzazioni ed esplosioni rabbiose. E dopo essere riuscita ad arginare queste reazioni e ad accedere finalmente ad un senso di sicurezza nella relazione di coppia, inizia a soffrire terribilmente quando decidono di comprare casa e hanno un bambino.

Cosa ci dicono questi esempi? Cosa succede nelle fasi avanzate di psicoterapia?

Questi pazienti si trovano tutti in una fase avanzata di cambiamento in cui il loro modo di vedere sé stessi e gli altri è in gran parte cambiato e diventato più benevolo. Eppure, proprio quella realizzazione tanto desiderata e per la quale hanno lavorato in psicoterapia con motivazione e collaborazione costituisce il fattore scatenante di una nuova sofferenza.

Si tratta di ricadute? Oppure la terapia non è più efficace? O ancora queste persone non possono andare oltre certi obiettivi?


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