TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE – ROMA

Prima e dopo la diagnosi di HIV: La Terapia Metacognitiva Interpersonale con i pazienti sieropositivi.

Prima e dopo la diagnosi di HIV: La Terapia Metacognitiva Interpersonale con i pazienti sieropositivi.

(pubblicazione di Caterina Conti)

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Una diagnosi di HIV rappresenta una frattura nel corso della vita di un individuo. Confrontarsi con la sieropositività significa prendere in considerazione la possibilità di un deterioramento della propria salute e di una morte prematura.

L’immagine di un sé malato e profondamente vulnerabile può arrivare ad oscurare ogni aspetto sano e vitale della persona, disorientata e schiacciata da una minaccia troppo forte e troppo grande. Il senso di poter dare una direzione alla propria storia rischia di essere perso. Depressione, senso di colpa, rabbia, erosione dell’autostima sono tra le reazioni più frequenti descritte in letteratura. La qualità della vita può abbassarsi significativamente, l’impatto della diagnosi può condurre allo sviluppo di un Disturbo da stress post-traumatico (PTSD), possono comparire comportamenti auto-distruttivi nel tentativo di far fronte ad una sofferenza percepita come dirompente.

Essere HIV positivi significa conoscere lo stigma; la persona può percepirsi come pericolosa, difettata o anomala rispetto alla società in cui vive, ma di cui non si sente più parte. Il rifiuto è un esito atteso e può essere sentito come meritato. Lo stigma, una volta interiorizzato, ostacola l’accesso al supporto sociale e alle cure mediche; l’aderenza al trattamento, la comunicazione con i partners e la protezione da altre malattie sessualmente trasmissibili risultano compromesse. L’impatto è ancor più evidente nei sieropositivi appartenenti a gruppi sociali già oggetto di pregiudizio o discriminazione. Inoltre, come spesso accade di fronte ad un trauma, la diagnosi può danneggiare un ingranaggio basilare del benessere emotivo: la capacità di dare un senso alla propria vita. Le narrative personali possono diventare povere, sterili, permeate da temi negativi dominanti e poco coerenti.

Il complesso regime terapeutico, il confronto con i possibili effetti collaterali, la necessità di sottoporsi regolarmente a esami o visite mediche demarcano ancora di più la distanza tra un prima e un dopo, tra un sé “malato” e “pericoloso” e la società dei “normali sieronegativi”. D’altra parte, la diagnosi può incastrarsi perfettamente nella rappresentazione di un sé già difettoso, vulnerabile, non amabile, togliendo ulteriore ossigeno e libertà alla crescita del sé.

In letteratura manca, ad oggi, un approccio specifico sviluppato a partire da questi problemi su questa specifica popolazione.

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