TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE – ROMA

Dipendenza da cocaina

Dipendenza da cocaina: Patologia

La cocaina è una sostanza psicostimolante che raggiunge rapidamente il cervello e dà dipendenza. Attualmente risulta essere, dopo la cannabis, la seconda sostanza illecita che più frequentemente viene utilizzata in Europa, anche se il suo consumo varia notevolmente da un paese all’altro; nella popolazione giovane adulta europea (15-34 anni) l’Italia si colloca tra gli Stati membri con il maggior consumo (Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze 2010).

In natura la cocaina è presente come alcaloide in alcune piante (Erythroxylaceae) che crescono spontaneamente in Sud America. La pratica di masticare le foglie di coca, per non avvertire la stanchezza e la fame, è diffusa tra le popolazioni in cui tale pianta viene coltivata (assunzione orale). Tale modalità è comunque da distinguersi dal consumo della cocaina, sia per fattori contestuali e finalistici dell’uso (per non avvertire la stanchezza e la fame), sia per la diversa composizione delle foglie di coca – che contengono una concentrazione di cocaina molto più bassa di quella tipica della cocaina da strada, e soprattutto perché la quantità di sostanza che dal tratto gastrointestinale raggiunge il circolo sanguigno è molto ridotta.

Dalle foglie (la parte della pianta con il maggior contenuto del principio attivo) di questi arbusti si ottiene una pasta (pasta di coca) da cui si estrae una polvere cristallina che contiene la cocaina cloridrato che verrà venduta, come sostanza illegale per strada, sotto forma di polvere bianca. Generalmente i trafficanti la mescolano con altre sostanze (maizena, talco, zucchero ecc.) o con altre droghe (procaina, amfetamina ecc.) oppure altri prodotti finalizzati ad aumentarne il volume e quindi i profitti della vendita (amido di granturco, zucchero a velo, bicarbonato, talco). La cocaina cloridrato può essere assunta per via intranasale («sniffing») o attraverso altre mucose come quella orale, genitale, rettale (modalità diffusa soprattutto nelle pratiche omossessuali). La modalità d’assunzione più diffusa rimane comunque quella intranasale: la sostanza viene disposta su una superficie rigida in modo da formare una striscia lineare che viene inalata mediante una cannuccia o una banconota. Essendo altamente solubile in acqua la cocaina cloridrato può essere diluita e la soluzione ottenuta potrà essere iniettata, cioè assunta per via endovenosa (più raramente per via sottocutanea o muscolare).

Il crack, consiste in cristalli ottenuti attraverso diluizione del cloridrato in acqua, miscelazione con bicarbonato di sodio (più raramente ammoniaca) e riscaldamento del composto ottenuto, che viene poi tagliato in tanti piccoli frammenti (rocks). Il nome crack è quello dato in gergo ai cristalli di cocaina in riferimento al caratteristico rumore scricchiolante che emettono quando vengono riscaldati.

Data la notevole estensione degli alveoli polmonari fumando il crack l’effetto euforizzante si sperimenta molto più rapidamente (dopo 5-10 secondi) e intensamente (flash), come se la cocaina fosse iniettata per vena. Tali caratteristiche proprietà euforizzanti molto potenti, rendono il crack assunto per inalazione molto pericoloso, sia in termini di patogenicità (per i danni che può causare alla salute) sia in termini di dipendenza (la cocaina inalata raggiunge rapidamente il cervello, con conseguente percezione di una potente azione euforizzante, che spinge la persona a ripetere il comportamento di consumo in modo compulsivo, per provare nuovamente tale effetto).


 

Effetti della cocaina

I sintomi e segni fisici della cocaina variano a seconda della modalità d’uso e alla variabilità individuale di risposta agli effetti della sostanza, ma gran parte degli effetti, possono spiegarsi con l’azione sostanzialmente psicostimolante di questa sostanza e, a una prima generale analisi, possono essere distinti in effetti psicologici ed effetti fisici:

  • effetti psichici:
    • vitalità ed energia
    • aumento del senso di sicurezza e fiducia nelle proprie capacità
    • sensazione di una maggiore lucidità mentale
    • dialettica ed eloquio aumentati
    • aumento della velocità di pensiero
    • linguaggio rapido, a volte inconcludente e incoerente
    • ridotta percezione della fatica
  • effetti fisici:
    • midriasi (dilatazione della pupilla)
    • agitazione e/o irrequitezza
    • inappetenza, azione anoressizzante
    • tachicardia e aumento della pressione arteriosa
    • tremore
    • flushing cutaneo (sensazione di calore accompagnata da eritema transitorio al viso, al collo e al torace)
    • aumento della libido, con erezione prolungata e aumentato orgasmo, fino all’orgasmo spontaneo
    • aumento dell’attività motoria
    • insonnia

La sensazione d’intenso piacere e di euforia sono effetti “positivi” che svaniscono dopo circa 30 minuti. Tali effetti “positivi” tendono a mutare con il ripetersi delle assunzioni (con la cronicizzazione dell’uso e lo sviluppo di dipendenza): essi vanno incontro a tolleranza (si riducono col tempo e richiedono dosi sempre più elevate per essere percepiti); parallelamente tendono a comparire e ad accentuarsi col tempo gli effetti “negativi” (sintomi psicotici, disforia).

Con il passare del tempo il consumatore cronico e compulsivo di cocaina apparirà come un soggetto disforico, ansioso, irritabile e aggressivo; sono frequenti i pensieri deliranti di tipo persecutorio, paranoia, movimenti e comportamenti stereotipati (ripetizione ossessiva di azioni),fino alla comparsa di allucinazioni. Con la ripetizione dell’uso pertanto, al sempre più rapido esaurimento degli effetti ricercati della sostanza, si instaura un quadro di sintomi “spiacevoli” che lasciano la persona in una condizione di ansia, depressione e irritabilità (down) che è insopportabile; il desiderio di riprovare il piacere iniziale e di sottrarsi al down spingono a ripetere l’assunzione della sostanza.

La principale e più caratteristica conseguenza del ripetuto uso della cocaina è lo sviluppo di una forte dipendenza, infatti anche dopo lunghi periodi d’astinenza la suscettibilità alla ricaduta rimane molto elevata. Studi recenti rivelano che questa sostanza causa la memorizzazione dell’esperienza nel cervello, anche con forti associazioni a situazioni ed eventi che una volta sperimentati possono riaccendere il desiderio compulsivo e irrefrenabile di riassumerla (craving) che è considerato come il principale meccanismo patogenetico, responsabile delle ricadute nell’uso.

L’uso compulsivo di cocaina è particolarmente evidente e caratteristico in un tipico pattern di uso di questa sostanza: il cosiddetto“binge”(letteralmente vuol dire “abbuffata”) che consiste in somministrazione plurime, ripetute consecutivamente e in un breve arco di tempo – il soggetto può arrivare anche alle 30 somministrazioni giornaliere. La via utilizzata è in genere quella endovenosa. L’uso si interrompe solo quando non c’è più disponibilità della sostanza, quando il soggetto arriva allo stremo delle forze, all’esaurimento fisico (crash) o ancora alla comparsa di un disturbo psicotico, dopo giorni o ore di uso continuo in cui si trascurano cibo, acqua, igiene, sonno, ecc.


 

Sindrome d’astinenza

Sebbene non ci sia un’evidenza fisica come quella dell’eroinismo o dell’alcolismo, oggi, anche per la cocaina (per la quale si parlava esclusivamente di una dipendenza “psicologica”) si parla di sindrome astinenziale, che compare da alcune ore fino a qualche giorno dall’ultimo consumo. Alcuni autori (Gawin e Kleber) suddividono la sindrome astinenziale in tre fasi:

I Fase (crash), che può presentarsi anche dopo un consumo intensivo di cocaina, non richiede particolari interventi farmacologici, essendo una fase autolimitante e necessitando principalmente di riposo; è la sola fase che in genere si osserva nell’utilizzatore occasionale. E’ caratterizzata da: ­ depressione del tono dell’umore, fino all’ideazione suicidaria

  • astenia (mancanza di energie, sensazione di debolezza fisica) e rallentamento psicomotorio
  • ansia ed irritabilità
  • ipersonnia (eccesso di sonno sotto forma di prolungamento del sonno notturno o di aumento del sonno durante il giorno)
  • remori, dolori muscolari, movimenti involontari

II Fase (2 – 10 settimane):

  • disforia (tristezza accompagnata da ansia e irritabilità)
  • ansia
  • iperfagia (assunzione eccessiva di alimenti)
  • forte craving con elevata percentuale di ricaduta

III Fase (estinzione) astensione prolungata dall’uso di cocaina:

  • normalizzazione del tono dell’umore
  • normalizzazione del ciclo sonno-veglia

 

Complicanze fisiche

L’uso di cocaina – quello cronico ma non solo, potendo tali complicanze manifestarsi anche con l’uso singolo e saltuario – può associarsi a varie complicanze fisiche che si possono verificare in modo del tutto imprevedibile e con l’assunzione di qualunque dose della sostanza: non è possibile con questa sostanza definire delle dosi sicuramente tossiche o sicuramente sicure come nel caso dell’«overdose» da eroina, che si verifica in seguito all’assunzione di una dose superiore allo stato di tolleranza del soggetto.

Le principali complicanze fisiche a cui può portare il consumo di cocaina sono principalmente problemi cardio-vascolari (cardiopatie ischemiche, crisi ipertensive, emorragie cerebrali, ictus) e neuropsichiatriche (attacchi epilettici e convulsioni, depressione, ansia, insonnia, irritabilità, paranoia -deliri di persecuzione e allucinazioni uditive) sebbene la diffusione di crack abbia aumentato notevolmente le problematiche respiratorie (incendio polmonare interno, crisi asmatiche, polmone da crack, enfisema ed edema polmonare, emorragie e polmoniti). Quando il cervello è esposto ripetutamente alla cocaina s’inizia ad adattare a questa condizione (fenomeno noto come tolleranza) questo spiega perché gli utilizzatori abituali, nel lungo termine, hanno bisogno di dosi sempre maggiori e ripetute per sperimentare lo stesso piacere che hanno provato le prime volte che hanno assunto la sostanza. E’ bene specificare che questo fenomeno si verifica solo verso determinati effetti, cioè quelli “positivi”; non sembra invece svilupparsi tolleranza verso gli effetti lesivi, ad esempio cardiotossici o convulsivi della cocaina; al contrario in molti consumatori cronici tende ad osservarsi una “tolleranza inversa”, una sorta di sensibilizzazione verso alcuni effetti negativi della cocaina, come quelli simpaticomimetici (aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, vasocostrizione ecc.) ed anestetici, senza un aumento delle dosi assunte, con rischi di conseguenze dannose anche con piccole dosi.


 

Possibili associazioni della cocaina con altre sostanze

Uno dei pattern di consumo attualmente molto diffuso è la contemporanea o sequenziale assunzione di più sostanze psicotrope per occasione, con conseguente rischio di aumentare la comparsa di effetti indesiderati e /o di sviluppare poli-dipendenza. La cocaina può essere assunta insieme ad altre sostanze come alcol, eroina, cannabis, ketamina, viagra ecc., le combinazioni più pericolose sono:

  • cocaina e alcol spesso sono consumate insieme. Il frequente ricorso da parte dei consumatori all’alcol (sostanza ad azione sedativa) dopo l’assunzione di cocaina ha la finalità di: limitare la disforia conseguente all’uso reiterato di cocaina, contrastare l’insorgenza di effetti psicostimolanti eccessivi (ansia, agitazione, ecc.) producendo un’amplificata percezione di benessere psico-fisico e riducendo il “low” della fase successiva all’assunzione. In realtà tale associazione riconoscerebbe un razionale farmacologico: il loro uso combinato determina nel fegato la produzione di cocaetilene. Tale sostanza, che rappresenta ad oggi l’unico esempio di droga prodotta all’interno del nostro organismo a partire dall’assunzione di altre due sostanze psicotrope, ha rispetto alla cocaina e all’alcol assunti separatamente, una maggiore tossicità (soprattutto cardiaca): il rischio di morte immediata è dalle 18 alle 25 volte più elevato in caso di assunzione di alcol e cocaina, rispetto all’assunzione della sola cocaina.
  • cocaina e eroina (SpeedBall) questa associazione che prevede il contemporaneo consumo di eroina e cocaina per via endovenosa, sottocutanea o intramuscolare è diffusa tra gli eroinomani di lunga data che iniziano a consumare cocaina, e tra i consumatori cronici di psicostimolanti perché l’eroina migliora il down successivo all’esaurirsi dell’euforia indotta dalla cocaina. Questo mix è molto pericoloso perché aumenta il rischio di arresto respiratorio e di collasso cardiocircolatorio.

 

Dipendenza da cocaina: Il protocollo di trattamento del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI) per l’abuso di cocaina

Molti pazienti possono beneficiare di un trattamento psicoterapeutico integrato per la dipendenza da cocaina. Una percentuale rilevante di pazienti entra in trattamento negando la propria dipendenza o con forti sentimenti di ambivalenza circa la sospensione dell’uso di cocaina e generare o rinforzare la motivazione al trattamento è il passo iniziale. Il lavoro parte dall’aiutare il paziente a decidere di smettere, motivarlo a partecipare al trattamento e ad accettare l’astinenza – dalla cocaina e da altre sostanze che spesso il consumatore di cocaina assume – come un obiettivo da raggiungere, benefico e raggiungibile con successo.

Altri pazienti possono entrare in trattamento disperati, motivati dall’avere recentemente “toccato il fondo” a causa della cocaina (hanno perso il partner, il lavoro, hanno prosciugato il conto in banca ecc.). Benché questi eventi possano motivarli a smettere, è infrequente che siano sufficienti a interrompere definitivamente l’uso di sostanze. Il primo obiettivo del trattamento sarà in questo caso incoraggiare e sostenere la loro decisione di smettere, analizzare i pro e i contro dell’interruzione della dipendenza. Si evidenziano le conseguenze negative e i costi inevitabili dell’uso di cocaina ma soprattutto ci si focalizza sui vantaggi che derivano da uno stile di vita drug-free. Identificare gli aspetti positivi che vengono sperimentati quando viene interrotto l’uso di cocaina e capire quali sono i desideri del paziente, favorisce il processo di cambiamento.

La Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI) per l’abuso di cocaina è un trattamento personalizzato (modellato sui bisogni del paziente) caratterizzato da un atteggiamento attivo e direttivo del terapeuta costantemente bilanciato da un’attitudine empatica, autenticamente non giudicante e rispettosa del paziente e della sua sofferenza. Data la complessità delle cause e degli aspetti medici, psicologici e sociali implicati nella dipendenza, il trattamento è necessariamenteintegrato: la psicoterapia si colloca all’interno di una serie più complessa di interventi per es.farmacoterapia per l’uso di cocaina e/o dei disturbi psichiatrici concomitanti, terapie familiari o di coppia, gruppi di auto-aiuto ecc. Tali interventi vengono attuati anche in sinergia con le strutture, che si occupano di dipendenza, presenti sul territorio.

La TMI ha un primo obiettivo a breve-medio termine (1-3 mesi) che è raggiungere l’astensione dalla cocaina. Durante questa fase l’attitudine è pragmatica – vengono identificati obiettivi precisi e progettate le strategie comportamentali di attuazione.

Solo quando si è ottenuto un successo significativo, testimoniato dall’astensione dalla cocaina, si può concordare con il paziente una seconda fase, di cambiamento strutturale, la cui durata è soggettiva (varia da persona a persona) poiché spesso l’uso di sostanze si presenta associato ad altre condizioni sintomatiche (disturbi d’ansia, disturbi dell’umore ecc.) e/o a una disfunzione più complessa di alcune modalità di pensare, sentire, costruire il significato degli eventi e relazionarsi agli altri (Disturbi di Personalità). Nella seconda fase del trattamento, dopo aver effettuato un’accurata valutazione psicodiagnostica del paziente, viene trattata la psicopatologia sottostante la tossicodipendenza. Secondo l’ipotesi della self-medication alcune persone fanno uso di sostanze per tentare di auto-curare stati affettivi dolorosi e disturbi psicopatologici, quindi non cercano nelle droghe il piacere ma il sollievo da emozioni intense e dolorose altrimenti ingestibili (khantzian, 1985).

Coerentemente con l’ipotesi della self-medication, numerosi studi effettuati su soggetti che abusano di cocaina indicano tassi di co-occorrenza (coesistenza nello stesso individuo di un disturbo dovuto al consumo di sostanze psicoattive e di un altro disturbo psichiatrico) con:

Disturbi dell’Umore, in particolare Disturbo Bipolare (Mcelroy et al., 2001; Mitchell et al., 2007),Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività (Carrol, 1993), Disturbo Post-traumatico da Stress (Back et al., 2000; Brady et al., 2006; Waldrop et al., 2007; khoury et al., 2010) e Disturbi di Personalità.

Gli studi sulla comorbilità psichiatrica tra Disturbi di Personalità (DP) e Tossicodipendenza hanno confermato che almeno un DP è diagnosticabile nel 25-91% dei tossicodipendenti a seconda delle casistiche; nei cocainomani i DP riscontrati con maggiore frequenza sono quelli che appartengono al cluster B (caratterizzati da impulsività, instabilità affettiva, difficoltà nella modulazione delle emozioni e da un’identità fragile) e in particolare: Disturbo Antisociale, Disturbo Borderline e Disturbo Narcisistico.

Il cluster B, quello prevalente in tutti gli studi, è seguito dal Cluster C e dal cluster A. Nel cluster C (caratterizzato dall’ansia) i DP riscontrati sono: Disturbo Evitante, Disturbo Dipendente e Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Infine nel cluster A (caratterizzato da aspetti comportamentali di stranezza ed eccentricità) i DP riscontrati sono il Disturbo Paranoide e il Disturbo Schizoide (Kleinman et al., 1990; Kranzler et al., 1994; Skinstad et al., 2001; Fernandez-Montalvo et al., 2007).


 

In cosa consiste il trattamento?

Il trattamento nello studio di psicoterapia è rivolto ai consumatori di cocaina e ai loro familiari; è basato su colloqui individuali effettuati a cadenza settimanale e sulle analisi dei metaboliti della cocaina per verificare l’eventuale assunzione della sostanza.

 

All’inizio di ogni seduta il terapeuta effettua il drug test (un test eseguito sulla saliva); tale metodica è rapida (consente di riscontrare in pochi minuti l’eventuale presenza di metaboliti della cocaina) e non invasiva. Effettuare il drug test è molto importante perché consente di verificare lo stato d’astinenza riferito dal paziente, lo aiuta a non mentire, e a parlare apertamente degli episodi in cui ha rifatto uso della sostanza. Generalmente durante il trattamento la ricaduta è vissuta dai pazienti come una catastrofe che annulla totalmente tutti gli sforzi fatti fino a quel momento; per alcuni di loro mentire e negare di aver fatto uso consente di “fronteggiare” sia il timore di avere deluso il terapeuta e/o di essere giudicato e allontanato dal programma sia le emozioni intense e dolorose – vergogna, senso di colpa, rabbia e disprezzo per se stesso, disperazione che si esprime nella convinzione “sono un fallito e un debole che non ce la farà mai a smettere” – suscitate dalla ricaduta.

Il drug test oltre a “controllare” ciò che viene riferito dal paziente rappresenta sia un deterrente sia un feedback (positivo o negativo in base al risultato) quindi è uno strumento molto importante, soprattutto nella fase iniziale del trattamento, per raggiungere e mantenere l’astinenza.

 

Analisi funzionale dell’abuso della sostanza: sin dal primo incontro paziente e terapeuta ricostruiscono insieme, in modo dettagliato, gli episodi più o meno recenti in cui c’è stato l’uso di cocaina o anche solo il desiderio compulsivo e irrefrenabile di farlo (craving).

L’obiettivo è quello di ottenere episodi narrativi localizzati nello spazio (dov’era quando ha fatto uso di cocaina?) e nel tempo (quando è successo? Cosa è successo prima?) in cui sia chiaro se erano presenti altre persone o se il paziente era da solo (con chi era?).

All’interno degli episodi è possibile identificare i pensieri (che pensieri aveva? Quando è apparso per la prima volta nella sua mente il pensiero della cocaina?) e le emozioni (come si sentiva?) e esplorare la relazione tra pensieri/emozioni e uso della sostanza. Inoltre viene chiesto al paziente cosa è accaduto dopo, quali sono state le conseguenze dell’uso (quanta cocaina ha usato? In che modo? Con quale frequenza? Ha assunto altre sostanze (es. alcol) per mitigarne gli effetti? Come si è sentito dopo averne fatto uso? Cosa ha fatto? Quanti soldi ha speso? ecc.).

Analizzare gli episodi forniti dai pazienti, anziché parlare in modo astratto e teorico della cocaina, consente all’inizio del trattamento di:

  • individuare concretamente e precocemente le situazioni ad alto rischio (che innescano il craving) in cui è molto probabile che il paziente faccia uso della sostanza
  • discutere in seduta, in modo dettagliato, delle strategie che il paziente può adottare con efficacia per non esporsi alle situazioni a rischio.

Questa prima fase non richiede ancora una conoscenza precisa delle emozioni e dei pensieri problematici che porteranno il paziente, in quelle specifiche situazioni, ad avere voglia di assumere cocaina. È sufficiente che sia chiaro quali sono le situazioni a rischio in modo che sia possibile programmare strategie volte ad evitarle.

Solo in una fase successiva del trattamento l’analisi degli episodi consente di:

  • identificare in che modo, soprattutto nelle situazioni a rischio, delle catene di emozioni e pensieri problematici e dolorosi spingono il paziente a cercare la cocaina come strategia di soluzione (per lenire il dolore, per favorire l’ingresso in uno stato mentale desiderato e via dicendo)
  • costruire e applicare modalità di pensare e sentire alternative, e più funzionali dell’uso di cocaina, per gestire e superare stati mentali fonte di sofferenza.

 

Il craving e la ricaduta

Quando s’interrompe l’uso di cocaina inizia un periodo molto difficile e delicato in cui la ricaduta è sempre in agguato. In realtà smettere di usare una sostanza, per un periodo più o meno lungo, non è difficile, quello che è estremamente difficile è mantenere questa scelta nel tempo e non ricadere.

Con il termine craving si definisce il desiderio irresistibile, intrusivo che comporta la perdita di controllo e una serie di azioni volte alla sua soddisfazione. Comprende una componente positiva (la ricerca dell’effetto piacevole di una sostanza) e una componente negativa (l’ansia anticipatoria dei sintomi d’astinenza). Il craving è considerato l’essenza stessa dell’addiction e il meccanismo principale che determina la ricaduta nell’uso; questo fenomeno è legato sia a fattori biologici sia a fattori comportamentali di apprendimento. Episodi soggettivi di intenso craving vengono riferiti dai pazienti settimane e anche mesi dopo l’inizio dell’astinenza. Per alcune persone il craving si manifesta come un’esperienza somatica per es. “ il mio cuore inizia a battere forte …” oppure “comincio a sentire l’odore della cocaina …” per altre è un’esperienza prevalentemente cognitiva – si manifesta con pensieri ossessivi sulla cocaina che intrudono nella mente e che la persona cerca disperatamente di combattere – o affettiva per es. “mi sento nervoso” “sono teso”.

La ricerca ha mostrato che, solitamente, particolari stati emotivi precedono il craving; questi stati possono essere sia a valenza negativa (depressione, ansia, noia, paura, rabbia) sia a valenza positiva (eccitazione, gioia); anche alcuni stati fisici spiacevoli come la stanchezza, o l’impossibilità di sopportare l’astinenza, possono essere degli antecedenti del craving. Oltre agli stimoli interni anche alcuni stimoli esterni (situazionali) che sono stati associati all’uso di cocaina – agiscono come richiami condizionati – e innescano il craving; quelli più comuni sono: la disponibilità di denaro, l’uso di alcol, particolari momenti della giornata o il fine settimana, le festività, i luoghi o le persone associati alla sostanza (per es. frequentare ambienti in cui circola la cocaina o persone che ne fanno uso).

Solo dopo aver capito cos’è il craving e come si manifesta, quali sono gli antecedenti che lo scatenano, il passo successivo consisterà nell’insegnare al paziente strategie pratiche per gestirlo e fronteggiarlo adeguatamente (per es. distogliere l’attenzione, parlarne con un familiare o un amico – farlo riduce l’ansia e il senso di vulnerabilità che spesso accompagnano quest’esperienza – pensare ai motivi che hanno portato a smettere di “farsi” e a tutte le conseguenze negative di un’eventuale ricaduta ecc.). Trattare il craving, è un aspetto fondamentale della terapia, perché se questa esperienza non viene compresa in modo adeguato e gestita efficacemente è molto disturbante per il paziente: causa un’intensa sofferenza che può sfociare nell’uso di cocaina.


 

È importante per i pazienti sapere che:
  • avere il craving è un’esperienza estremamente spiacevole e disturbante ma è anche un evento normale e comune legato alla dipendenza; non saperlo può spaventare sia il paziente che i familiari, o essere causa di un’intensa e spietata autocritica, nonché di emozioni negative, intense e ingestibili. Il desiderio di avere una tregua da tutto questo, di “staccare la spina” e non pensare, può far venire voglia di assumere la cocaina; quindi normalizzare il craving è importante perché consente di evitare la ricaduta
  • il craving per la cocaina può essere così intenso da interferire con lo svolgimento delle normali attività quotidiane e causare un estremo disagio. Nonostante gli sforzi attuati per combatterlo, in alcuni momenti si può essere più fragili e cedere a questo desiderio irrefrenabile, perdere il controllo e ripetere l’uso di cocaina
  • nel periodo iniziale di astinenza il craving è molto frequente e intenso, mentre con il passare del tempo tende a presentarsi sempre meno e con minore intensità. Si tratta di un’esperienza limitata nel tempo: insorge in modo rapido e violento ma, se non si cede e non si fa uso di cocaina, nell’arco di qualche ora si esaurisce; proprio come un’onda dell’oceano sale fino a un certo punto e poi scende e decresce sino ad estinguersi
  • si possono imparare strategie per fronteggiare efficacemente il craving e quindi non ricadere.

 

Coinvolgimento dei familiari nel trattamento

Molto spesso I familiari di una persona che fa uso di cocaina non sanno cosa fare, come comportarsi, sono assaliti da mille dubbi, si sentono soli, impotenti e sperimentano emozioni negative molto intense (paura, disperazione, rabbia, sensi di colpa, vergogna). Siccome lo stesso comportamento può sembrare giusto in alcuni momenti, e drammaticamente sbagliato in altri, la loro tendenza è quella di oscillare tra la rabbia, che spesso viene espressa con inutili minacce e ultimatum per es. “la prossima volta che lo rifai …” e un atteggiamento comprensivo che poggia su una fiducia cieca e irrealistica per es. “mi ha promesso che non lo farà mai più …” che verrà puntualmente tradita dall’ennesima ricaduta.

Coinvolgere i familiari nel trattamento consente di:

  • creare una rete di supporto per il paziente
  • dare informazioni ai familiari sui meccanismi della dipendenza in generale e in particolare sulla cocaina (cos’è, come si assume, quali sono i segni e sintomi dell’uso, ecc.) e sul trattamento che il paziente sta effettuando
  • fornire uno spazio in cui esprimere la sofferenza, i dubbi e le paure
  • capire quali atteggiamenti sono adeguati e funzionali e quali sono invece disfunzionali – quindi da non attuare – in modo da essere d’aiuto per il proprio familiare e supportarlo nel difficile percorso di cambiamento.

Per es. erroneamente i familiari spesso credono che parlare continuamente del passato e della cocaina possa essere un deterrente, in realtà avviene esattamente il contrario, perché le emozioni negative, che tali tematiche inevitabilmente suscitano nel paziente, sono difficili da gestire e possono innescare il craving e quindi favorire la ricaduta, creando così un circolo vizioso che a lungo andare mantiene e peggiora il problema.

Anche l’ipercontrollo (per es. fare continue telefonate o controllare in modo ossessivo tutti gli spostamenti, le frequentazioni ecc.) suscita nel paziente stati emotivi negativi che possono portare alla ricaduta (per es. rabbia perché il controllo è sentito come ingiusto nonostante l’impegno e gli sforzi fatti, demoralizzazione e perdita di speranza che si esprime nella convinzione “tanto le cose non cambieranno mai”, intensi sensi di colpa “con tutto quello che hanno passato per colpa mia” ecc.). L’ipercontrollo ha effetti disastrosi perché il paziente sente la sfiducia e la paura dei familiari e spesso per non allarmarli ulteriormente dice bugie (per es. mente anche su cose banali come un piccolo ritardo dovuto al traffico) ovviamente le bugie, se scoperte, aumentano ulteriormente l’allarme e la sfiducia dei familiari, quindi di conseguenza aumenta il controllo e l’esasperazione del paziente, creando così un circolo vizioso che mantiene il problema.

Per i suddetti motivi ma anche perché la famiglia, se adeguatamente aiutata e supportata, costituisce una risorsa preziosa per il paziente, il coinvolgimento nel percorso terapeutico è auspicabile, ma non è una condizione obbligatoria per iniziare il trattamento, se il paziente è maggiorenne.

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