TERAPIA METACOGNITIVA INTERPERSONALE – ROMA

LE TECNICHE IMMAGINATIVE IN TERAPIA COGNITIVA (2014) – RECENSIONE di Giancarlo Dimaggio

LE TECNICHE IMMAGINATIVE IN TERAPIA COGNITIVA (2014) – RECENSIONE di Giancarlo Dimaggio

Il libro sulle tecniche immaginative in terapia cognitiva rivela come le immagini mentali possano costituire un canale di accesso alle emozioni.

Tecniche immaginative: Un libro preziosissimo. Il cuore concettuale: le immagini mentali sono un canale di attribuzione di significato che si muove lungo strade diverse da quello verbale-semantico. Ha una connessione privilegiata con le emozioni.

Introduzione: la seduta di Danilo e le tecniche immaginative
“Mia madre stava peggio di quello che le ho raccontato l’altra volta.”
“Cioè?”
“Soffriva di, le è stata diagnosticata più tardi, all’epoca non lo sapevamo, di schizofrenia paranoide”.
“Che succedeva a casa, di che età stiamo parlando?”
“Avevo 10 anni circa. La notte non potevo dormire.”
“Che faceva mamma?”
“Restava sveglia tutta la notte. Era convinta che i ladri avrebbero potuto irrompere in casa e quindi girava da una finestra all’altra a controllare.”
“E lei?”
“Stavo sotto le lenzuola, gli occhi spalancati, immobile, congelato. Se avessi mosso un muscolo mi avrebbero notato”.
“Com’era la sensazione?”
“Terrore, mi sentivo paralizzato. Guardavo fuori dalle finestre e ogni foglia che si muoveva mi ghiacciavo ancora di più”.

È la seconda seduta con Danilo. Le condizioni relazionali per provarci ci sono. Gli chiedo di tornare lì con l’immaginazione. Un breve rilassamento, focus sul respiro, occhi chiusi e mi porta nella scena. Rivive il terrore, la paralisi, l’impotenza. Apre gli occhi, ne parliamo. Gli propongo di tentare un lavoro di imagery rescripting. Accetta. Torniamo lì, il Danilo adulto si siede sul letto del Danilo bambino. Lo calma. All’inizio Danilo bambino non ne vuole sapere, ma riesce a convincerlo ad alzarsi e andare a guardare fuori. Lo prende per mano, si accostano alle finestre. Non c’è nessuno. Il Danilo bambino torna a letto, rassicurato. Danilo riapre gli occhi si sente rilassato, più disteso e prova un senso di autoefficacia. Era entrato in terapia per un senso di blocco, apatia, anedonia, incapacità di andare avanti nella carriera. Dopo questo esercizio ha capito le radici dei suoi momenti di passività e spegnimento.

È nell’aria. Gli allievi che hanno respirato corsi di EMDR, schema-therapy, compassion therapy iniziano a familiarizzare con tecniche immaginative del genere. Magari qualcuno ha studiato approfonditamente l’esposizione prolungata per il PTSD. Un segno dei tempi che cambiano, un segno della terapia cognitiva che cambia. La ristrutturazione razionale delle credenze erronee ha mostrato da tempo la corda. La nuova generazione di terapeuti sta aggiornando lo strumentario e i nuovi attrezzi sono più incisivi, potenti. Uno di questi è il lavoro sull’immaginazione.

L’esperienza personale di Giancarlo Dimaggio

Un’altra storia. La mia tesi di specializzazione era sulle emozioni oniriche e la loro evoluzione nel corso del trattamento. Immagini mentali generate dalla mente isolata dal contesto e i loro correlati emotivi. Quanto di più costruttivista si possa pensare. Finisco la specializzazione in psichiatria, completo la mia formazione in terapia cognitiva. Inizio una formazione in psicodramma analitico. Le immagini mentali messe in scena che diventavano oggetto di nuova riflessione. Vissuta sulla mia stessa pelle, uno strumento incredibile. Peccato che il filtro fosse la teoria di Lacan, quanto di più indigesto abbia mai dovuto assumere nel mio percorso di conoscenza. Ma è rimasta un’esperienza preziosa. Mi sono portato sempre dietro il lavoro sui sogni e la messa in atto psicodrammatica nel mio lavoro clinico, ma con la sensazione che fossero lontani dal cognitivismo e che toccasse integrarli, dar loro dignità in un campo che sostanzialmente li guardava con scetticismo, diffidenza, a volte aperto disprezzo.

E ancora, vado in giro per convegni. A Tallin vedo Martin Bohus portare pazienti con disturbo borderline di personalità e abuso sessuale a rivivere nell’immaginazione ricordi di incesto. Da brividi. Nei seminari di Arnoud Arntz vedo effettuare il reparenting in immaginazione sui ricordi infantili. E poi il lavoro di Lynne Angus e Sandra Paivio sulla terapia del trauma in chiave narrativo-esperienziale. E mi dico: l’aria sta cambiando.

Sull’utilizzo dell’imagery ci lavoro con i miei colleghi del Centro di Terapia Metacognitiva Interpersonale. E ci chiediamo: ma nel cognitivismo, tutto questo lavoro che a noi sembra così prezioso, quanto spazio ha? Approfondisco la letteratura. E scopro un buco enorme, del quale quasi mi vergogno. C’è un libro che riassume tantissima conoscenza: “Le tecniche immaginative in terapia cognitiva”. Lo leggo avidamente, è quello che cercavo. Ringrazio in cuor mio l’Eclipsi (ovvero Alessandra Carrozza, Gabriele Melli e Nicola Marsigli) per avere capito che andava tradotto in italiano.


Continua: http://www.stateofmind.it/2016/07/tecniche-immaginative-terapia-cognitiva/

 
            

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